Home SezioniEventi Freddie Mercury aveva previsto (e cantato) i tempi moderni

Freddie Mercury aveva previsto (e cantato) i tempi moderni

by Rosanna Astengo

Su Freddie Mercury si è detto e scritto di tutto, si è scavato in lungo e in largo nella sua vita troppo breve, spezzata dal male del secolo scorso, dalla prima pandemia dell’evo contemporaneo non data in pasto ai social e ai commentatori improvvisati, l’AIDS.

Un male tenuto nascosto fino a quando, a pochi giorni dalla scomparsa, nè Freddie nè gli altri componenti dei Queen hanno potuto più fingere, scappare dalla verità. Freddie stava andando via, in un soffio, lo stesso alito di vita che l’aveva portato sulla Terra il 5 settembre del 1946.

Penso spesso a come sarebbe oggi Freddie Mercury, nell’era dei social, in questa troppo spesso delirante logorrea che ci vuole comunicatori a tutti i costi, che cerca continuamente miti del passato a cui aggrapparsi e da elogiare, idolatrare (rigorosamente post mortem), perchè diversamente ritorna drammaticamente consapevole della crisi di idee, di parole, di questo vuoto che ci trascina e ci ingoia inesorabilmente, a discapito soprattutto delle generazioni più giovani, che non hanno possibilità reali di formare una propria visione critica che non sia mediata da social e cellulari. E allora non resta che guardare nostalgicamente al passato, cercando nelle parole delle canzoni una ragione, un’isola (non necessariamente felice) in cui rifugiarsi e cercare una chiave di lettura del mondo moderno. Lo testimoniano i numeri: su Spotify, nel solo mese di novembre, gli ascoltatori dei Queen sono stati ben 36.902.619, rendendoli 43^ nel mondo. Un primato, se consideriamo la platea di utenti della piattaforma di streaming audio più diffusa e famosa al mondo, capace più della radio di decretare il successo o il fallimento di un artista o di una band, oggi.

A proposito di radio, riascoltando Radio Ga Ga ancora una volta, mi sono soffermata ulteriormente, riflettendo su quanto l’analisi di Freddie e soci (testo di Roger Taylor, ndr) sul mezzo di comunicazione più grande e potente di sempre fosse avanti anni luce ed incredibilmente reale, arrivando a presagire la fase di trasformazione, di ibridazione in cui la radio si trova oggi, in un bivio che conduce da un lato verso una modalità di trasmissione e fruizione più tradizionale e nostalgica, e dall’altro verso l’ibridazione con il video.

Chi scrive è sempre stata refrattaria al video, ma da radiofonica di quest’epoca ha dovuto accettare che ormai l’ibridazione, la radiovisione è una realtà che come ogni cambiamento porta con sé anche delle opportunità.

Ma quando risuonano queste note e queste parole

We watch the shows, we watch the stars
On videos for hours and hours
We hardly need to use our ears
How music changes through the years

ci si rende conto di quanto oggi siamo assuefatti alle immagini, così tanto che non riusciamo a staccarci dal supporto visivo per poter dare un senso, un’immagine alle cose, quando invece la cosa più giusta da fare sarebbe ascoltare, pensare, far funzionare il cervello sforzandolo, immaginare. La radio una volta serviva anche a questo, a stimolare l’immaginazione.

Non è il solo testo di pura avanguardia, per non dire veggenza, dei Queen, ce ne sono tanti e forse oggi non tutti sarebbero accettabili, qualcuno sarebbe inevitabilmente colpito e affondato dalla censura del politically correct.

Eppure c’è un brano che oggi sarebbe di grandissima attualità, al tempo dell’inclusività, della body positivity e dell’accettazione di tutte le fisicità, Fat Bottomed Girls, ispirata ad una groupie che oggi definiremmo “curvy” e a cui Brian May ha dedicato il brano,

e chissà che polemiche susciterebbe il video dell’altro lato di questo 45 giri, Bicycle Race, oggi si griderebbe alla donna utilizzata come oggetto, mentre agli occhi di chi ha qualche anno in più ed i ricordi ancora intatti, questo video grida alla libertà più assoluta.

Chi sarebbe oggi Freddie, nell’epoca dei social? Sarebbe un attempato signore attivo come Brian May, che ogni tanto generosamente dispensa perle di tecnica chitarristica e condivide aneddoti della storia dei Queen?..Magarli li si vedrebbe insieme in qualche Instagram Stories, o in qualche breve diretta…avrebbe accettato l’età, il tempo che passa, lui con quella visione edonistica della vita e della bellezza, o forse sarebbe il Mr. Bad Guy, il ragazzaccio raccontato nell’omonimo album del 1985 in un momento di pausa dai Queen in cui racconta della sua vita a Monaco di Baviera, tra locali gay e l’esigenza di far emergere ciò che si celava dietro il frontman dei Queen…chissà se avrebbe degli haters e quale sarebbe il suo approccio nei loro confronti.

Sta di fatto che Freddie Mercury, a 30 anni dalla sua morte, resta un’icona assoluta della storia del rock, e anche il merch dei Queen resta tra i più ricercati e attuali di sempre. Ma restano anche le emozioni, la leggenda, le canzoni e la sua voce. Unica.

Freddie, someone still loves you.

 

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