Home Danza Un’altra immagine su tela

Un’altra immagine su tela

by Simona Chiusolo

Nel pensare alla conoscenza e alla sua trasmissione, il disegno che emerge è una struttura verticale. Il professore che la detiene e l’alunno che la “contiene”. Uno schema pedagogico replicato a prescindere dall’ambito disciplinare, un linguaggio dall’alto in basso che è soprattutto politico.

Così è considerando la corporeità, oserei dire soprattutto analizzando il mondo istituzionale e talvolta anche al di fuori di esso.

Eppure una pedagogia diversa esiste, anzi ne esistono molteplici. Propongono la decostruzione degli anelli di trasmissione consueti avanzando il diritto di colui che apprende di essere al centro in un dialogo tra dare-avere quale fioritura di un sapere condiviso.

Ad esempio la Pedagogia degli Oppressi di Paolo Freire in cui la capacità critica è essenziale, l’insegnante amplifica le qualità degli allievi ascoltandone i bisogni, pienamente consapevole di ciascuna storia personale. Il potere non viene scagliato dalle mani, ma le mani, stavolta aperte, raccolgono le potenzialità dell’allievo.

Quale risonanza questo tipo di approccio può avere se integrato alla pedagogia coreutica?

La verticalizzazione del sapere è alquanto notevole soprattutto nelle istituzioni e nel balletto. La domanda interdetta o scomoda. Il corpo nel mezzo luogo fragile su cui le parole agiscono e manipolano.

Ad aprire le pratiche somatiche, tra cui Feldenkrais, finalizzate all’inversione del processo per cui la conoscenza è tagliata a misura del corpo con lo scopo di convertire il movimento in piacere e libertà attraverso il motto “rendi l’impossibile possibile, il possibile semplice, e il semplice elegante” (Moore, 2016).

Costruite sul movimento, sensazione, emozione e pensiero suddette pratiche danno accesso a un percorso di conoscenza corporea e psicologica, che scavalca il concetto di forma e unisono. Non pochi gli esperimenti effettuati che hanno dato vita a percorsi d’insegnamento alternativi. Il risultato: l’autorità scardinata dall’interno consente la nascita di una democrazia coreutica.

Una virata dalla consuetudine che semina il rispetto per il proprio corpo in movimento, voltando le spalle alla tradizionale tela con danzatrice apollinea dipinta su di essa. Considerando la positività degli effetti di una pedagogia così strutturata, vien da pensare che forse è lì la strada del cambiamento, per dar risonanza, nel corpo, a problematiche di genere o di etnia, saltando a piè pari la verbosa dialettica e tardivi processi di decostruzione.

Parlare per ispirare, danzare per conoscersi. Farlo per accogliere e crescere affinché quel senso di appartenenza e d’accettazione del sé tra gli altri torni ad essere prolifico. Un nuovo modello è ancora possibile, una rinnovata immagine anche, dall’introspezione all’espressione. Dalla conoscenza alla trasmissione.

 

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