Live Performing & Arts https://www.musicaeculturamagazine.it/ Magazine di Musica e Cultura Mon, 08 Apr 2024 08:00:36 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.4 il Cacciatore di Graffiti https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/04/12/il-cacciatore-di-graffiti/ Fri, 12 Apr 2024 07:00:46 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15731 Il fotografo napoletano Augusto De Luca stacca e colleziona i graffiti attaccati sui muri di…

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Il fotografo napoletano Augusto De Luca stacca e colleziona i graffiti attaccati sui muri di Napoli. La sua performance controversa ha sensibilizzato l’attenzione sulla street art in Italia e all’estero.
La storia infatti si complica e prende una direzione inaspettata quando Augusto si accorge che per le strade della città ci sono tantissimi disegni su carta…proprio lui ci racconta:

“ Nel 2005, dopo aver trascorso alcuni anni a Roma, tornato a Napoli, mi accorsi che sui muri della città c’erano tanti disegni colorati su carta che mi ricordavano le opere di Haring, Cutrone e Scharf. Ne fui subito colpito, anche se ancora non sapevo nulla di Street Art.
Cominciai a raccoglierli perché mi piacevano e perché in questo modo sapevo di poterli preservare dall’usura che li avrebbe rovinati. Da quel momento con mia moglie Nataliya prendemmo l’abitudine di andare “a caccia” in giro per la città muniti di uno scaletto.
Poi, venne a casa mia Luca Borriello dell’Osservatorio Nazionale sul Writing e rimase sorpreso dalla inusuale collezione; ne parlò con una giornalista del ”il Mattino” che si innamorò della storia e inaspettatamente mi ritrovai pubblicato in un articolo tutta pagina a cinque colonne intitolato “il Cacciatore di Graffiti”.
Subito dopo iniziò una collaborazione con il writer Iabo e la successiva pubblicazione del video ‘Iabo cattura il Cacciatore di Graffiti’: ideato come performance ironica di risposta dei writers. Comunque, accumulai un bel po’ di materiale tra foto e video con cui avevo documentato le mie azioni e mi venne l’idea di pubblicare tutto con internet su varie pagine, siti, e blog. Pensai di dare un seguito a questa storia, sfruttandola per valorizzare la Street Art; portandola proprio con internet nella casa di tutti, cercando di incuriosire la gente che vedendomi su di uno scaletto in strada mentre staccavo i graffiti sicuramente rimaneva colpita; così chi non conosceva questa forma d’arte in questo modo imparava a riconoscerla. L’operazione diventava popolare.
All’inizio mi sono beccato molte accuse da parte dei writers che all’oscuro della natura dell’ esperimento mi accusavano del furto delle loro opere. Ma quando ci fu un crescendo di attenzione verso queste mie pagine su internet, coloro i quali all’inizio erano contro di me, passarono dalla mia parte. Moltissimi erano i writers e gli street artists che dicevano : “continua così, almeno c’è una voce che ci appoggia e fa conoscere la Street Art”. Anche perché proprio in quel periodo, lo Stato contrastava questi artisti con pesanti pene per chi “imbrattava i muri”. Da questo momento la mia performance diventò l’unica risposta che questi artisti potessero dare alle istituzioni. All’inizio ero il “ladro di graffiti”, dopo diventai il “paladino” degli street artists. Questa operazione nasceva con un dissenso iniziale e il dissenso spesso è più importante del consenso perché fa discutere: è questa la provocazione. La discussione genera il passa parola e ciò fa si che la gente parli di Street Art. La Street Art è vera e propria arte, tutti devono conoscerla ed apprezzarla. Per quanto riguarda i pezzi della collezione: ho sempre dichiarato che sono a disposizione di qualsiasi ente in grado di assicurare e garantire la loro conservazione e custodia.

“La gente vedendo che stacco i graffiti su carta dai muri, s’incuriosisce: é questo che voglio. I graffiti vanno valorizzati, é importante che se ne parli, provocare serve a questo”.

Questo era il mio slogan, anzi…quello del Cacciatore di Graffiti”.

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Renzo Arbore https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/04/05/renzo-arbore/ Fri, 05 Apr 2024 07:00:01 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15727 Sono sempre stato un grande ammiratore, un fan sfegatato delle sue trasmissioni: Alto gradimento, L’altra…

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Sono sempre stato un grande ammiratore, un fan sfegatato delle sue trasmissioni: Alto gradimento, L’altra domenica, Quelli della notte, Indietro tutta, e quando andai a Roma per fotografarlo non mi sembrava vero ed ero molto emozionato.
Renzo Arbore non ha mai sbagliato un colpo, inventando un modo sempre nuovo per intrattenere gli spettatori; forse il più grande showman italiano, un vero mito.
Aprì la porta sfoderando un grande sorriso a 360° che immediatamente mi fece sentire come un suo grande amico. Era quello il suo segreto, il suo carisma: la capacità di diventare subito familiare a chiunque.
Con un’espressione compiaciuta mi disse:
“Ciao, oggi è un giorno fortunato, mi porti a casa un po’ dell’amata Napoli”.
Entrai e rimasi stupito. Sembrava un negozio di oggetti vintage dove regnavano souvenir, plastica e colori sgargianti. In un mobile verde a scaffali decine di cappelli e in fondo alla stanza un piccolo palco, un teatrino casalingo, su cui erano disposti vari strumenti: era lì che Renzo e i suoi amici musicisti provavano i nuovi brani musicali.
Insomma una casa luccicante per un uomo brillante.

Avrei potuto realizzare in quel contesto una quantità enorme di scatti, pieni di informazioni e dettagli stravaganti, ma decisi invece di rappresentarlo in maniera più sobria ed essenziale dove il suo sguardo ammiccante, capace di sedurre all’istante e il suo strumento preferito, il clarinetto, diventassero gli elementi fondamentali e centrali dell’immagine.
Renzo mi chiese cosa avrebbe dovuto indossare ed io lo tranquillizzai: andava bene così come stava.
Dopo l’ardua impresa di aver trovato finalmente uno scorcio di parete libera, posizionai la mia luce e scattai.
Lui era talmente abituato a stare dietro un obiettivo che, se ricordo bene, i miei scatti furono non più di tre, ma già il primo era quello buono.
Dopo un bel caffè premio, cominciò a raccontarmi di essersi laureato in Giurisprudenza a Napoli e che aveva molto amato la zuppa di soffritto, il musso, i taralli con il pepe e i crocchè.
Poi mi disse che alcune delle sue passeggiate preferite le faceva a San Sebastiano, alle botteghe di strumenti musicali.
Gli chiesi, allora, se si sentisse più foggiano o napoletano e lui mi rispose:
“Mi sento parte foggiano e parte nopeo”,
sicuramente citando il grande Totò…

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Francesco Rosi https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/03/29/francesco-rosi/ Fri, 29 Mar 2024 08:00:09 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15723 Quella mattina avevo un appuntamento in albergo con Francesco Rosi, grandissimo regista e sceneggiatore che…

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Quella mattina avevo un appuntamento in albergo con Francesco Rosi, grandissimo regista e sceneggiatore che ha fatto la storia del cinema italiano. 
Lo incontrai nella sua lussuosa suite super panoramica; i balconi di quelle stanze affacciavano tutti sul golfo di Napoli, la veduta era mozzafiato.

Il Maestro Rosi mi venne ad aprire, era solo nella stanza e subito mi chiese gentilmente, ma serio in viso, se volevo un caffè. Su di un tavolo al lato della stanza c’era un vassoio d’argento con dolci e qualche brocchetta da cui proveniva un magnifico profumo di caffè. Fu lui stesso a versarlo nella mia tazza e a zuccherarlo.
Quindi disse che aveva accettato di incontrarmi perché era rimasto molto colpito dalle mie foto. Mi spiegò che anche lui aveva la passione per la fotografia trasmessagli dal padre, che la domenica, in uno sgabuzzino, sviluppava e stampava le foto tra bacinelle e acidi e, quando sulla carta immersa negli acidi appariva l’immagine, si emozionava sempre moltissimo. Poi il padre, dopo aver lavato le stampe, le appendeva ad asciugare ad un filo con delle mollette da bucato.
Rimasi piacevolmente colpito da questo racconto che sicuramente ci univa in un comune interesse. Mi descrisse anche il suo rapporto con Napoli, che amava molto, anche se era andato a vivere a Roma, e che tornava a rivedere ogni volta che ne aveva occasione.

A questo punto gli chiesi se potevo iniziare a fotografarlo; lui, senza parlare, si alzò, appoggiandosi allo schienale di una delle sedie, ma la sua espressione non cambiò molto, anche durante tutti gli scatti. Traspariva sempre da quel viso una serietà che forse poteva, in qualche modo, essere scambiata per durezza.
In realtà Rosi era un uomo tutto d’un pezzo, poco incline a inutili superficialità e lo hanno sempre dimostrato i suoi splendidi film molto impegnati. Basti ricordare uno dei suoi capolavori ‘Le mani sulla città’, in cui ha denunciato l’intesa tra economia, malaffare, politica corrotta e criminalità organizzata; un cinema, insomma, che fa riflettere.

Forse il ritratto che gli ho fatto, non rispecchia a pieno il mio stile fotografico, ma sicuramente in esso traspare tutta la personalità e l’impegno di questo grande regista.
Grazie Rosi.

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Roberto De Simone https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/03/22/roberto-de-simone/ Fri, 22 Mar 2024 08:00:43 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15719 Quella mattina avevo un appuntamento con Roberto De Simone, grandissimo regista teatrale, compositore e musicologo…

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Quella mattina avevo un appuntamento con Roberto De Simone, grandissimo regista teatrale, compositore e musicologo partenopeo, studioso dell’espressività popolare di Napoli e della Campania, attento al recupero e alla riproposta del patrimonio culturale, teatrale e musicale della tradizione popolare regionale orale e scritta, che indagava sul “campo”, ma anche particolarmente dedito all’approfondimento di quella colta.
Mente brillante, talento acclarato ovunque nel mondo, capacità immensa.
Ha insegnato Storia del teatro all’Accademia di Belle Arti di Napoli ed è stato direttore artistico del Teatro San Carlo e direttore del Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli.
Nel 1998 è nominato Accademico di Santa Cecilia e successivamente insignito del Cavalierato delle Arti dal Presidente della Repubblica francese e del premio Roberto I Sanseverino, organizzato dal comune di Mercato San Severino (SA) e dall’associazione La Magnifica Gente d’o Sud.

Quando arrivai nel foyer del Teatro San Carlo lui era già lì e mi accolse con un grande sorriso luminoso, anche se, solitamente, è un uomo molto riservato e schivo, che secondo me, dietro un aspetto molto serio e composto, nasconde anche un po’ di timidezza.
Il Maestro mi chiese di seguirlo ed io, con la mia borsa piena di obiettivi e macchine fotografiche, gli andai dietro. Insieme ci incamminammo tra gli infiniti corridoi e cunicoli del teatro, salendo e scendendo strette scalette disseminate un po’ dovunque; mi sembrava di essere in un labirinto senza fine.
Dopo poco, in un corridoio più appartato, lontano dalla grande sala del palcoscenico, De Simone aprì una porticina ed entrammo in una stanzetta laterale.
Notai subito un pianoforte e dei manichini con due meravigliosi abiti di scena. Nella stanza c’era anche l’autrice di questi straordinari manufatti, la famosa costumista Odette Nicoletti, che io conoscevo e che avevo già fotografato per il libro ‘Napoli Donna’ e per la rivista CasAmica.
Una persona molto solare e affettuosa, che mi salutò abbracciandomi, manifestando la sua contentezza per avermi nuovamente incontrato.

Dopo qualche chiacchiera amichevole fra noi, in cui De Simone, con grande umiltà, raccontò anche che la sua famiglia molto povera era sopravvissuta alla guerra grazie alla madre che vendeva il sapone che faceva in casa, mi misi al lavoro.
Feci qualche scatto ad entrambi insieme e poi mi concentrai sul Maestro. Decisi di fotografarlo al pianoforte con al lato uno degli abiti che aveva dipinto sul davanti un enorme angelo color argento. La pellicola della macchina fotografica era in questo caso bianco-nera e lo sfondo della ripresa scuro, per evidenziare meglio i soggetti.
Poi, per realizzare anche un ritratto in polaroid, quindi a colori, pubblicato nel libro ’31 napoletani di fine secolo’, chiesi al Maestro di togliere il giaccone, in modo da poter sfruttare il giallo del suo pullover.

Inquadrai in primo piano uno spartito musicale con De Simone dietro, in piedi, leggermente di lato, e scattai, manipolando subito dopo la superficie dell’immagine polaroid.
Mentre con la prima, per vedere il risultato aspettai lo sviluppo del negativo, con la polaroid, il risultato soddisfece immediatamente le mie aspettative.
Quel piccolo ritratto piacque molto ed io, compiaciuto, dopo aver riposto nella borsa le fotocamere, andai via contento del risultato ottenuto ed anche soddisfatto per aver accontentato uno straordinario autore della tradizione napoletana.

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Carlo Giuffré https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/03/15/carlo-giuffre/ Fri, 15 Mar 2024 08:00:42 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15714 Era già da un po’ che il grande artista Carlo Giuffré non cavalcava le scene,…

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Era già da un po’ che il grande artista Carlo Giuffré non cavalcava le scene, quando seppi, per caso, che era tornato nella sua Napoli proprio per recitare, forse un’ultima volta. Si era, infatti, trasferito a Roma per studiare all’Accademia Nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico dove, tra i compagni di studio, aveva trovato amici che sarebbero poi diventati grandi interpreti del panorama nazionale: Mastroianni, Manfredi, Gassman, Panelli, Sordi e Bice Valori.
Desideroso di ritrarlo, telefonai subito al caro Tonino Cuomo, bravissimo regista e attore, che lo conosceva personalmente e gli spiegai che avrei voluto incontrarlo. Fu così che, il giorno dopo, mi aveva fissato un appuntamento con lui nell’albergo dove alloggiava. Ero emozionato all’idea di imbattermi in Carlo, perché era un’icona del teatro italiano e napoletano, avendo lavorato, da solo o in coppia con il fratello Aldo, con i più grandi registi della storia del cinema e del teatro italiano: Eduardo, Strehler, Visconti, Rossellini, Germi, Risi, Monicelli, Salce, fino a Benigni. La notorietà, però, come accade spesso, gli arrivò con la televisione e con il cinema. In quanti celeberrimi film lo avevo apprezzato quale straordinario interprete e con quanti famosissimi colleghi aveva duettato! Perfetto in ogni ruolo, dalle iniziali interpretazioni di giovani prestanti e fascinosi per affermarsi poi come attore dalla vocazione comica e grottesca e divenire, infine, anche un ottimo regista. Uno stile personalissimo, il suo, singolare fusione di ironia e pathos.
Nel corso della sua carriera ha collezionato successi e prestigiosi riconoscimenti, tra cui, nel 1984, un Premio David di Donatello e una candidatura nomination Nastri d’Argento come migliore attore non protagonista per ‘Son contento’. Insomma, stavo per trovarmi al cospetto di un vero mito, adorato dalle donne e con una grande passione per la sua professione e per la vita in genere.
Mi presentai puntuale alle 10 e ci sedemmo ad un tavolo per fare colazione e, tra un caffè e cornetto, cominciò a raccontarmi dell’incontro, appena ventenne, che gli avrebbe cambiato la vita, con l’immenso De Filippo: “Eduardo mi fece fare una prova nel pomeriggio e la sera mi mandò in scena. Ero magrissimo, dovevo dire solo una piccola battuta, ma gesticolavo di continuo per la tensione e la trepidazione. Ed ecco che mi disse: “Levate chelle ppalette ‘a miez’”, incitandomi a calmarmi e a prestar attenzione alle mani. Così ho imparato immediatamente a contenerle in scena. Lui arrivava subito al dunque. C’era chi si spaventava e se ne andava, invece, a me è servito molto quel modo anche brusco di insegnare”.
Restammo a chiacchierare per circa un’ora e poi ci spostammo in un salottino dell’albergo dove avevo individuato due fonti di luce che creavano dei fasci luminosi simili a due riflettori di scena. Posizionai la sedia avanti per farlo accomodare e fargli assumere diverse posizioni. Dopo qualche scatto, capii di avere il ritratto giusto. Mi ringraziò e mi invitò ad andare al teatro, dove avrebbe recitato il giorno dopo. Accettai, ma, a causa di altri impegni, dovetti rinunciare. Purtroppo, poco dopo, seppi che si era spento serenamente e, ancora oggi, ho il rimpianto di non averlo visto recitare dal vivo.
Che tu sia un Artista straordinario non mi stancherò mai di ripeterlo.

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Teresa De Sio https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/03/08/teresa-de-sio/ Fri, 08 Mar 2024 08:00:43 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15711 Era il 1987 e Teresa si trovava a Napoli per un concerto. Alloggiava in un…

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Era il 1987 e Teresa si trovava a Napoli per un concerto. Alloggiava in un albergo difronte al Castel dell’Ovo e, dopo varie telefonate, riuscii ad avere un appuntamento in tarda mattinata.
Raffinata cantautrice e straordinaria interprete partenopea, con la sua particolarissima voce ha accompagnato tanti momenti importanti della mia vita ed io, da sempre suo grande ammiratore desideravo fotografarla, ma anche conoscerla personalmente, perché mi affascinava il suo personaggio con quella folta chioma nera, che evocava un non so che di magico e misterioso.
Sorella dell’attrice Giuliana De Sio, cantante, attrice e scrittrice, è una delle artiste più importanti della musica italiana, con oltre mezzo milione di dischi venduti e uno stile unico che unisce la canzone napoletana popolare ad altre sonorità.
La sua musica è caratterizzata proprio dalla mescolanza di tradizione napoletana, jazz fusion, folk e word music. Predilige il napoletano come lingua ma canta meravigliosamente anche in italiano. Ha collaborato con artisti come Pino Daniele, Fabrizio De André e Brian Eno.
Una maga, una Circe totalmente e profondamente napoletana. Simpatica e accogliente, mi venne incontro nei saloni dell’albergo: ci sedemmo su delle poltroncine art nouveau e, sorseggiando un caffè, cominciammo a chiacchierare.
Mi raccontò che con la sorella Giuliana amava la libertà e l’indipendenza. Già da piccola aveva capito che il suo futuro era nell’arte. A cinque anni era ballerina alla scuola di danza classica del San Carlo. A undici anni smise la danza e cominciò a recitare in teatro, a diciassette anni, finita la scuola, si trasferì a Roma e iniziò a studiare recitazione ed è qui che per caso incontrò Eugenio Bennato che la sentì cantare. Lui lavorava con un gruppo chiamato Musicanova dove c’erano alcuni tra i migliori interpreti della musica folk napoletana.
Teresa poi aggiunse:
“Quando mi propose di collaborare con lui io all’inizio opposi qualche resistenza perché mi piaceva molto recitare e non mi sentivo ancora pronta per il mondo della musica e allora Eugenio disse per convincermi: “ma io ti pago”. A quel punto, visto che avevo bisogno di lavorare, accettai, ma, dopo la prima esibizione al Teatro Tenda di Roma, in sala c’era anche Federico Fellini, capii subito quale era la mia vera strada: Tra me e la musica c’è stato un colpo di fulmine”.
Continuò dicendo che ogni tanto tornava a Napoli, ma sempre meno, a causa dei vari impegni e non avendo più nessuno né una casa in questa città, veniva in albergo. A legarla particolarmente al capoluogo campano era il mare.
E disse:
“C’è una bellezza struggente nelle città di mare che ben conosce chi vi è nato e cresciuto”.
Dopo questa piacevole conversazione, ci alzammo e insieme cercammo uno sfondo per le riprese fotografiche. Fui felice di vedere il suo interesse e la sua partecipazione alla realizzazione del ritratto. Guardando in giro, piacque ad entrambi un angolo un po’ buio sulla grande scalinata in legno dell’albergo.
Allora Osvaldo, il mio assistente, montò uno stativo con una luce che illuminava parzialmente il luogo, in modo da accrescerne l’atmosfera e aumentare il contrasto con il viso di Teresa, incorniciato dalla foltissima chioma nero corvino.
Dopo qualche scatto, sicuro di avere l’immagine giusta, ci salutammo e lei mi pregò di inviarle la stampa della foto a Roma, cosa che feci dopo qualche giorno, soddisfatto del risultato finale.

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Pietro De Vico https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/03/01/pietro-de-vico/ Fri, 01 Mar 2024 08:00:04 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15705 Nel 1993 cominciai a lavorare al progetto fotografico di un libro ‘Trentuno napoletani di fine…

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Nel 1993 cominciai a lavorare al progetto fotografico di un libro ‘Trentuno napoletani di fine secolo’, pubblicato da Electa Napoli nel 1995, incentrato su importanti uomini partenopei; io mi sarei occupato appunto delle immagini, la giornalista Giuliana Gargiulo, invece, si sarebbe dedicata alle interviste.
Uno degli artisti su cui focalizzammo l’attenzione era il mitico attore Pietro De Vico, che andammo a trovare nella sua casa di Roma.
Fin da piccolo aveva “respirato” Bellezza; nonno musicista, padre amante del teatro, zio professore di musica, per cui era naturalmente approdato alla recitazione.
Esponente di spicco del teatro napoletano, macchiettista, caratterista dalla rara capacità di resa mimica, indimenticabili le sue notevoli interpretazioni comiche del balbuziente, a soli sei anni aveva debuttato con il geniale Eduardo Scarpetta, per poi creare con i suoi due fratelli, Antonio e Mario, la compagnia i Trio De Vico e proseguire una carriera straordinaria nella prosa impegnata.
Ci accolse la moglie Anna Campori, cantante di operetta e bravissima attrice con cui Pietro ha condiviso tutta la sua vita, ben 62 anni di matrimonio, molti successi teatrali e televisivi e tanto avanspettacolo.
Celebri i loro personaggi nella serie televisiva per ragazzi ‘La nonna del corsaro nero’, in onda tra il 1961 e il 1966, in cui lui vestiva i panni del balbuziente e pauroso nostromo Nicolino e lei quelli di Giovanna.
La stessa Anna era figlia d’arte, entrambi i genitori attori, aveva debuttato nella compagnia teatrale paterna.
Entrammo in un grande salone arredato con bellissimi mobili antichi, ci sedemmo, e lei, con un grande sorriso stampato sul viso, ci portò un buonissimo caffè.
Dopo poco entrò il grande attore, anche lui con uno straordinario sorriso che ispirava simpatia. Quell’espressione la conoscevo bene perché l’avevo vista in televisione nei suoi innumerevoli film e commedie con Eduardo, Totò, Macario, Anna Magnani, e con tutti i più grandi artisti del tempo.

De Vico ci raccontò molti episodi della sua lunga carriera artistica: dall’inaugurazione dei tre canali televisivi, il primo nel 1954 a Milano, il secondo a Roma e il terzo a Napoli, ai titanici registi che lo avevano diretto, Eduardo, Antonio Calenda, Steno e Mario Monicelli, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Lina Wertmüller, Monica Vitti.
Ci parlò dell’immenso Totò, che sul set cedeva anche ad una semplice comparsa la sua sedia con la scritta “Principe”, e poi disse che per lui Napoli era il paradiso, che della sua città conosceva ogni vicolo, dal primo all’ultimo, e che era proprio lì che avrebbe voluto riposare alla fine della sua vita.
Nel soffermarsi sul racconto di questo suo grande amore, si avvertiva la grande nostalgia che aveva per la sua città; un velo di malinconia offuscò per un attimo il suo sguardo, ma, al contempo, i suoi occhi brillarono e, dopo un’istante, quel sorriso inconfondibile riapparve sul suo viso.
Dal modo di parlare e dai suoi gesti trasparivano la sua bontà e una grande umiltà, dote che appartiene solo ai grandi protagonisti.

Poi si alzò, camminava con l’aiuto di un bastone a causa di un ictus, che aveva avuto di recente, e mi fece vedere dei cartelloni con il suo ritratto; fu allora che mi venne l’idea di utilizzarli per una delle foto che realizzai con una polaroid, che subito dopo manipolai.
Feci anche altri scatti in bianco e nero, ma poiché lui era stanco ed affaticato, capii che forse sarebbe stato meglio non insistere e, dopo un abbraccio affettuoso, andammo via.
Io e Giuliana eravamo emozionati e commossi per la semplicità e l’umanità di quel grande interprete che, con il suo talento ha contributo a diffondere l’Arte napoletana nel mondo.

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Eugenio Bennato https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/02/23/eugenio-bennato/ Fri, 23 Feb 2024 08:00:26 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15701 Ho sempre ammirato ed apprezzato Eugenio Bennato, perché, nonostante la sua infinita bravura, è sempre…

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Ho sempre ammirato ed apprezzato Eugenio Bennato, perché, nonostante la sua infinita bravura, è sempre rimasto umile come persona e coerente nel suo stile musicale.
Fratello di Edoardo e di Giorgio, noto come Giorgio Zito, si è laureato in fisica ma ha seguito la sua vena artistica, che l’ha portato ad essere un rinomato rappresentante della scena musicale italiana ed internazionale.
Cantautore e musicista, tra i fondatori della Nuova Compagnia di Canto Popolare, nel 1969, e dei Musicanova, nel 1976, insieme a Carlo D’Angiò, ha vinto, nel 1999, il Nastro d’argento per la miglior colonna sonora per il film ‘La stanza dello scirocco’, diretto da Maurizio Sciarra.
A lui dobbiamo la nascita, nel 1998, del movimento culturale e musicale Taranta Power per valorizzare e promuovere la Taranta attraverso musica, cinema e teatro, che fonde, in modo squisitamente originale, sonorità tipicamente mediterranee, antropologia culturale, tradizione e contaminazione.
Nel 2006, poi, in qualità di accademico, ha insegnato al Laboratorio di Etnomusicologia presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Acclamato anche a livello delle più alte istituzioni, nel novembre 2018 è stato invitato dal Parlamento Europeo di Bruxelles a suonare in occasione della giornata dedicata ai diritti umani.
Credo sia chiaro il perché desiderassi da tanto tempo fargli un ritratto e l’occasione giusta fu il mio incontro con la moglie, artista di indiscusso talento.

Infatti, quando andai a casa della mia carissima amica Pietra Montecorvino per ritrarla, le dissi che mi avrebbe fatto molto piacere fotografare anche il marito. Lei, prontamente, mi rispose che non ci sarebbero stati problemi e, dopo qualche giorno, mi telefonò, dandomi il suo numero cellulare e fissandomi un appuntamento nel suo studio al Vomero.
Mi recai all’incontro con la mia fotocamera Leica e un piccolo bank per illuminare la scena. Chiacchierammo amabilmente soprattutto di quando avevo conosciuto sua moglie subito dopo il film di Renzo Arbore ‘… che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?’, che le aveva dato una grande notorietà e gli raccontai anche di alcune polaroid che le avevo fatto in quel periodo e che, purtroppo, con mio grande rammarico, non riuscivo più trovare.
Poi mi mostrò le varie stanze per trovare uno sfondo adatto al ritratto che avrei dovuto realizzargli. Fui subito colpito da una notevole quantità di strumenti a corda che erano in giro un po’ ovunque e capii che erano proprio quelli che dovevo utilizzare nella foto. Li raggruppai insieme, posizionai la luce lateralmente, per creare l’ombra di uno di essi sulla parete e scattai.

Feci pochissime foto, perché guardando gli scatti, mi resi conto che il risultato era già ottimo e, dopo un bel caffè, che non presi prima perché avevo premura di cominciare il lavoro, lo salutai e andai via soddisfatto. Qualche giorno dopo inviai il file anche a Pietra che mi disse che lo scatto era piaciuto molto anche a lei… non potevo essere più contento.

 

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Marisa Laurito https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/02/16/marisa-laurito/ Fri, 16 Feb 2024 08:00:42 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15692 Marisa Laurito ha iniziato la sua carriera artistica lavorando con la compagnia teatrale di Eduardo…

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Marisa Laurito ha iniziato la sua carriera artistica lavorando con la compagnia teatrale di Eduardo De Filippo e, alla fine degli anni ’80, dopo il successo avuto con la trasmissione Quelli della notte, era diventata la regina indiscussa della televisione.
Dovevo fotografarla per il mio libro ‘Napoli Donna’, ma in quel periodo era talmente ricercata e piena d’impegni che assolutamente nessuno riusciva ad avere un appuntamento con lei, anche perché aveva appena iniziato con grande successo, la conduzione del suo nuovo programma televisivo Marisa la nuit.
L’unica possibilità per me era allora ritrarla alla RAI. Dopo vari tentativi, finalmente riuscii a trovare un aggancio e ad intrufolarmi nello studio televisivo proprio durante una puntata della trasmissione.
Nella sala l’artista, con la sua grande verve, presentava alcuni personaggi e filmati e, di fronte, senza mai essere inquadrato dalle telecamere, c’era Renzo Arbore, di cui si sentiva soltanto la voce mentre interagiva con lei.
Il mio fu veramente un blitz rischioso in tutti i sensi, anche perché il tempo a mia disposizione per il click era praticamente quasi nullo. Infatti, Marisa mi spiegò che avrei potuto fare qualche scatto solo durante quei due o tre minuti di pausa in cui andavano in onda i filmati e lei non era in diretta. Non ci sarebbe stato altro tempo materiale, dati i ritmi serrati.
Nello studio, tra i tanti oggetti di scenografia, c’era una palma con una luna sullo sfondo e ne approfittai; le chiesi di mettersi in posa proprio lì e, in un lampo, la fotografai. Feci un unico scatto.
Alla fine degli anni ’80 le fotocamere erano analogiche ed il risultato lo si poteva visionare solo dopo che la pellicola veniva sviluppata, quindi, fino ad allora tenni, il fiato sospeso. Fortunatamente andò tutto bene e questa che pubblico è la foto di cui parlo.
Come amo le fotocamere digitali e la possibilità di vedere subito nel piccolo monitor sul retro le immagini appena realizzate!
Marisa venne alla mia mostra agli Incontri Internazionali d’Arte a Roma e poi la rividi anche successivamente, in diverse altre occasioni. Donna vulcanica e simpaticissima, dalla battuta sempre pronta. In una parola: meravigliosa.

Credo che sia molto appropriata la stupenda descrizione che fa di lei la giornalista Gargiulo:
“Il suo fascino è soffice come un babà al rhum, pastoso come un gattò di patate e cremoso come un bignè alla crema”.

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Danza e propriocezione https://www.musicaeculturamagazine.it/2024/02/09/danza-e-propriocezione/ Fri, 09 Feb 2024 10:58:10 +0000 https://www.musicaeculturamagazine.it/?p=15688 Nella Tecnica della Danza Classica resiste ancora, il più delle volte, un’idea didattica basata su…

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Nella Tecnica della Danza Classica resiste ancora, il più delle volte, un’idea didattica basata su prassi imitative e addestrative, che da un lato depotenziano la capacità comunicativa e creativa del gesto, dall’altro  rischiano di esporre il danzatore a patologie causate da errori tecnici (overturn, alluce valgo, tendinopatie, conflitto femoro-acetabolare, conflitto posteriore caviglia) o da sovraccarico funzionale (burnout o overtraining). Un apprendimento consapevole delle tecniche di danza punta invece  a col­tivare, nel danzatore, una sorta di sesto senso chiamato propriocezione indispensabile perché il corpo sia anzitutto una “presenza” e possa raccontare e comunicare attraverso il movimento. Tale senso è conosciuto anche come cinestesia ed è la capacità di percepire la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di con­trazione dei propri muscoli senza dover ricorrere alla vista. Per allenare la propriocezione è fondamentale sviluppare una consapevolezza del proprio corpo e del proprio movimento, che può essere ricondotta a una capacità di ‘guardarsi’ dentro. Ma cosa vuol dire esattamente ‘guardarsi dentro’? Vuol dire avere la capacità di visualizzare quello che avviene all’interno del proprio corpo, percepirlo, viverlo come si vive nella propria abitazione: il corpo, infatti, può essere pensato come un insieme di stanze intercomunicanti, come la casa che si abita. Non si ha bisogno di guardare la mappa della propria casa per sapere dove si trovano le diverse stanze, gli arredi e tutto ciò che occorre per vivere. Si vive lo spazio dell’abitazione, lo si riempie e lo si anima con la pro­pria presenza, orientandosi in esso in una percezione diretta e imme­diata. Guardarsi dentro, visualizzarsi, percepirsi, vuol dire pertanto anche ‘abitarsi’: muoversi con agio in casa propria, avere familiarità delle diverse stanze, non temere di muoversi nel buio o di aprire la porta di una stanza chiusa. Vuol dire anche rendersi immediatamente conto se una finestra è aperta, se occorre chiudere una porta o spostare un elemento dell’arredamento, sapersi figurare una diversa organizza­zione in base alle proprie esigenze e alla funzionalità dei singoli ele­menti. Come non è possibile sentirsi a casa in un’abitazione di cui non si abbia familiarità, così non è possibile sentirsi a proprio agio con se stessi se non si conosce il proprio corpo. In altre parole, allenare la propriocezione vuol dire costruire uno schema corporeo globale che in qualsiasi momento possa restituire un’immagine precisa di se stessi e della propria posizione nello spazio, comunicando tutto ciò che avviene all’interno del proprio corpo: quali sono i muscoli attivati, i movimenti effettuati, le correzioni da appor­tare ecc. La costruzione di uno schema corporeo adeguato è fondamentale nello sviluppo e nell’educazione alla danza, poiché grazie a tale schema è possibile intervenire e rimodulare continuamente i diversi elementi del proprio corpo in modo funzionale: non è possibile, ad esempio, correggere un errore nella postura o nell’esecuzione di un battement tendu en tournant se non si rende il proprio schema corporeo dispo­nibile al cambiamento. Non è possibile modificare l’arredamento della propria abitazione, se non si posseggono nemmeno le chiavi per en­trare: è necessario innanzitutto avere la chiave d’accesso al proprio corpo, cioè conoscerlo. Occorrerà, altresì, conoscere bene gli spazi, misurarli, avere un’idea precisa della destinazione delle diverse stanze e altro. Allo stesso modo, bisognerà formarsi un’idea precisa delle di­mensioni del proprio corpo, l’articolazione interna degli arti e dei di­versi muscoli e così via, se si vuole essere davvero padroni di se stessi. Purtroppo, nell’apprendimento delle tecniche di danza, in particolar modo della danza classica, spesso l’accento è posto su ‘cosa’ impariamo a discapito del ‘come’ imparare. Un buon obiettivo per gli insegnanti di danza potrebbe essere quello di lavorare sul modo, invece che sul risul­tato del fare! Abitare il corpo diventerà la condizione prioritaria per ‘essere’ nel movimento rendendo più semplice apprendere e compiere l’azione in maniera adeguata e corretta.

 

Piccola bibliografia utile:

Marchesano M.V.(2023) Laboratorio Coreutico.Strategie didatiche per la fisiodanza nei licei coreutici. Benevento: Kinètes

Marchesano M.V.(2022) Dalla sala al palcoscenico: il linguaggio gestuale della danza classica. Benevento: Kinètes

Marchesano M.V.(2017) I sentieri del gesto.Agropoli: L’Argolibro

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