«La corazzata Potemkin» del regista russo Sergej Michajlovič Ėjzenštejn è considerato all’unanimità una delle espressioni artistiche che abbia mai toccato le più alte vette della storia cinematografica e per le sue qualità tecniche ed estetiche è ritenuto uno dei migliori film del novecento che non può mancare nella lista dei cult degli appassionati della settima arte.
Finito di montare in soli dodici giorni, è proiettato per la prima volta al teatro Bol’šoj il 21 dicembre 1925, mentre la prima proiezione pubblica avviene il 21 gennaio dell’anno seguente, a distanza di un mese.
«La corazzata Potemkin» racconta, tra fatti reali e rielaborazioni ai fini narrativi, dell’ammutinamento del Potemkin, unica nave da battaglia costruita per le attività militari della Marina militare dell’impero russo nel Mar Nero, rivolta che precorre, tra altri avvenimenti, la rivoluzione russa del 1905.
Emblematica ed affascinante nella sua drammaticità è la celebre scena della scalinata che ricostruisce il drammatico massacro di Odessa, che in realtà avviene di notte nei vicoli e nelle strade secondarie della città, con la tragica scena della carrozzina di un neonato che precipita giù per le scale tra i cadaveri dei civili, dopo l’uccisione della madre da parte dell’esercito sotto gli occhi attoniti e impotenti dei sopravvissuti.
Il regista Ėjzenštejn suddivide l’intera opera muta della durata di un’ora e quindici minuti in cinque capitoli (Uomini e vermi, Dramma sul ponte, Il morto chiama, La scalinata di Odessa, Una contro tutte), anche se la sceneggiatura originale del film, opera nel 1925 della scrittrice e rivoluzionaria armena Nina Agadžanova-Šutko che si era documentata molto sulle vicende della rivoluzione di venti anni prima, prevedeva non un singolo film, bensì un’opera strutturata in otto capitoli che presentavano dettagliatamente la vita di quegli anni. Tuttavia iniziate le riprese a Leningrado da parte di Ėjzenštejn, le avverse condizioni metereologiche costringono la troupe a spostare tutto presso la città di Odessa, la cui scala aveva già affascinato il regista, tanto da spingerlo a realizzare la celebre scena proprio lì.
Ed è proprio ad Odessa che viene presa la decisione di narrare la sola vicenda dell’ammutinamento della corazzata Potemkin, inizialmente concepita dalla scrittrice in sole cinquanta righe di testo, ma per il regista molto significative, ed è così che assieme al suo aiutante Grigorij Vasil’evič Aleksandrov, Ėjzenštejn scrive la sceneggiatura e la presenta al comitato governativo per le celebrazioni dei venti anni dalla rivoluzione: il progetto viene approvato e le riprese iniziano immediatamente, non senza delle battute d’arresto dovute alla mania di perfezionismo del regista che impone al cast di ripetere le scene anche se buone, poi per la scelta del cast, selezionato tra civili, marinai e piccoli attori di compagnie locali per dare credibilità alla pellicola che invece non avrebbe avuto con dei grandi attori famosi. Ed infine la nave: infatti la Potemkin era stata smantellata solo pochi anni prima, ma Ėjzenštejn richiede ed ottiene il permesso per “rimettere a nuovo” la vecchia Corazzata Dodici Apostoli in quanto inutilizzata da alcuni anni e che versava in totale stato di abbandono.
Ciononostante la pellicola viene terminata nei tempi previsti, approvata dai vertici dell’URSS e distribuita, ma non ottiene un grande successo fino a quando una proiezione alla presenza del regista al Kamera Theater di Berlino non ne decreta il successo, rendendo «La corazzata Potemkin» uno dei film più conosciuti e apprezzati di tutti i tempi, arrivando fino ai giorni nostri con tutto il suo carico di dramma e storia, considerato uno dei migliori film di sempre.