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L’arte del pizzaiolo napoletano

by Valerio "The Publisher" Granato

Dopo il mese di novembre trascorso nel Centro Storico, per dicembre l’agenda Livecode ci invita a trattenerci nella città di Napoli per gustare un’ottima pizza napoletana. Nel 2017 l’UNESCO ha dichiarato patrimonio immateriale dell’umanità l’arte del pizzaiolo napoletano, di cui la pizza è il prodotto tangibile.

La pizza napoletana è un alimento molto semplice: un disco di pasta morbida condita con olio e pomodoro e cotta (come da disciplinare SGT), in forno a legna a circa 485° per non più di 60-90 secondi.

La tradizione vuole che le varianti siano solo due:

  • Marinara: pomodoro, aglio, olio e origano
  • Margherita: pomodoro, mozzarella, olio e basilico

Quest’ultima in particolare nacque ad opera del pizzaiuolo Raffaele Esposito della pizzeria Brandi che, nel 1889, volle onorare la regina d’Italia Margherita di Savoia con una pizza dai colori della bandiera italiana: bianco mozzarella, rosso pomodoro, verde basilico.

Visitando Napoli potrete gustare pizze di tutte le varietà e dimensioni; uno degli alimenti da passeggio più comuni è la cosiddetta pizza a portafoglio, cioè una pizza un po’ più piccola ed economica della pizza da tavola che viene piegata in quattro e avvolta in carta oleata, da gustare caldissima passeggiando per le viuzze del centro storico o come pasto veloce tra un impegno e l’altro.

Un’altra varietà di pizza che viene prodotta a Napoli è la pizza fritta, che si diffonde nel secondo dopoguerra come alternativa povera alla pizza napoletana classica che, per essere prodotta, necessitava di un forno a legna. La pizza fritta veniva venduta in quel periodo dalle donne che fuori dalla propria abitazione le preparavano al momento per gli avventori (per preparare la pizza fritta sono necessari pochi secondi nell’olio bollente) e talvolta la vendevano con l’ingegnosa formula “oggi a otto”, cioè la pizza veniva consumata subito e pagata dopo otto giorni. Ingegnosa perché l’acquirente, presentandosi per saldare il suo debito, avrebbe di certo acquistato un’altra pizza, garantendo così al venditore un introito sicuro e continuativo.

In realtà le origini della pizza si perdono nel tempo: già i greci utilizzavano le mense, cioè dischi di pasta di pane utilizzate come taglieri per la carne e poi, dopo l’uso, date come pasto ai servi e agli schiavi. È famosa la maledizione lanciata dall’arpia ad Enea, raccontata da Virgilio: “avrete tanta fame che addenterete anche le mense”, cioè appunto i dischi di pane che nessun uomo libero avrebbe mangiato.

Quando sarete di passaggio a Napoli fermatevi in una pizzeria a gustare la pietanza più famosa al mondo, la pizza napoletana… e intanto vi invitiamo a leggere la pagina dedicata ad essa da Wikipedia.

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