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il Cardinale Sepe

by Augusto De Luca

Devo ammettere che ho sempre avuto un desiderio: ritrarre un Cardinale.
Mi hanno sempre affascinato le cartes de visite dell’Ottocento su cui i pionieri della fotografia come Nadar, Disderi, Alinari ed altri, stampavano i ritratti di Papi e di alti prelati dell’epoca.
L’occasione si presentò nel 2017 con l’insediamento del nuovo curato nella Parrocchia Corpus Christi e Regina del Rosario di Napoli. Il Cardinale Crescenzio Sepe sarebbe venuto nella chiesa di via Manzoni a presiedere l’incontro con tutti i fedeli e il reverendo, il nostro amato don Giuseppe Ferrara, mi chiese, timidamente e con riserbo, un ritratto in sua compagnia come ricordo dell’evento.

Immediatamente accettai; sinceramente non solo per la grande stima che nutro per il mio sacerdote, ma anche perché avrei realizzato finalmente un vecchio sogno nel cassetto.

Subito, insieme ad Eugenio Sales, il segretario del prete, e di mia moglie Nataliya, cominciammo a cercare il posto più idoneo per le riprese.

La seconda stanza della sacrestia, quella più interna e riservata, sembrò essere la più adatta.

Preparammo uno sfondo, posizionammo una luce e facemmo alcuni scatti di prova; anche perché, sicuramente, non avrei avuto molto tempo a disposizione.

Arrivò il gran giorno. La chiesa era gremita ed io, nella saletta, ultimai i preparativi.
Alla fine della celebrazione, prima che togliesse l’abito cardinalizio e la mitra, invitai lui e don Giuseppe ad accomodarsi sul set precedentemente allestito.

Inquadrai, feci uno scatto a loro due insieme e due al Cardinale Sepe. Sì, due scatti perché nel primo click il porporato aveva un’espressione funerea ed afflitta, forse per la stanchezza dovuta alla lunga funzione religiosa appena officiata.

Allora, per scuoterlo, provocandolo gli dissi:

“Sua Eminenza, ma i cristiani non devono sempre comunicare gioia? Lei con questa espressione fa una brutta pubblicità. Mi regali un bel sorriso”.

Il Cardinale annuì e, sorridendo bonariamente, si mise in posa; il secondo scatto, quindi, fu soddisfacente e con esso si realizzò il mio desiderio.

Più tardi, salutandoci, Sepe pronunciò a tutti la sua famosa frase in napoletano:

“ ‘A Maronna v’ accumpagna “.

Ed io risposi sottovoce:

“Speriamo…”.

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