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Dopo 50 anni riapre l’ala ovest del MANN, inaugurata la sezione “Campania Romana”

240 opere fruibili in 2000mq restituiti al pubblico

by Redazione

Un percorso straordinario attraverso la Campania antica, territorio che aveva confini più estesi
rispetto a quelli attuali: si parte dal II secolo a.C. per giungere almeno al III sec. d.C., spostandosi tra l’area flegrea,
le città vesuviane e il territorio interno, con particolare riferimento all’attuale casertano. E, guardando più lontano,
l’itinerario tocca a Nord il basso Lazio e a Sud alcuni centri della Calabria.Apre al pubblico la sezione “Campania Romana. Sculture e pitture da edifici pubblici” del Museo
Archeologico Nazionale di Napoli: 2000mq di sale comprese negli spazi dell’ala occidentale, i cui ambienti
storici non erano fruibili da oltre cinquant’anni (si specifica che il MANN ha un’area espositiva di circa 15mila
mq, che diventano quasi 28mila mq computando il Braccio Nuovo). Duecentoquaranta le opere esposte, una
vera e propria summa dell’arte romana, che si espresse fertile in regione e nel Sud Italia. L’allestimento
parte da una suggestione: è come se il visitatore camminasse lungo gli assi viari degli antichi centri
romani della Campania, andando a sbirciare fra gli stupefacenti apparati decorativi degli edifici pubblici,
scoprendo come l’arte fosse, per i nostri antenati, un’esperienza del quotidiano.

“Oggi avviamo un percorso di ampliamento del MANN che porterà uno dei musei archeologici più importanti al
mondo a raddoppiare la sua presenza in città con una nuova sede a Palazzo Fuga. Il valore della libertà, il valore
dell’Occidente, lo si comprende molto bene in un luogo come questo, perché qui ci sono le origini della nostra
storia. Nella civiltà greco-romana affondano le nostre radici ed è nostro compito salvaguardare e rendere fruibile
a tutti questo patrimonio che ci ricorda la nostra eredità culturale”, afferma il Ministro della Cultura, Gennaro
Sangiuliano.
“La riapertura dopo 50 anni degli spazi dell’ala Occidentale, con le eccezionali collezioni di scultura, pittura
e gli ambienti elegantissimi, costituisce un punto di non ritorno nella storia del Museo Archeologico
Nazionale: d’ora in avanti è, senza ombra di dubbio, il più grande museo di archeologia classica al mondo.
Dietro questo immane sforzo c’è un team straordinario, costituito da professionisti di livello assoluto,
provenienti dal MANN, dal Ministero a livello centrale, dalle Università e dalla sfera del privato, capaci di progettare e spendere fondi strutturali nonostante il Covid. Ci sono l’Europa e il MiC che, tramite i fondi PON
CULTURA E SVILUPPO, FESR 2014-2020 (sette milioni di euro), hanno sostenuto un’impresa memorabile.
C’è, sopratutto, l’orgoglio di una città che torna ad essere capitale dell’archeologia. E c’è, mi sia consentito,
il mantenimento della promessa di questa dirigenza che, all’arrivo, ha trovato un museo in forte declino e
chiuso per oltre la metà e che, nonostante tutto, ha affermato che l’intero museo sarebbe stato riaperto, meglio
e con più efficacia rispetto a prima. Noi abbiamo vinto il nostro campionato combattendo su tutti i fronti
con passione, quella che ogni italiano esprime quando si tratta di difendere e far rialzare il nostro Paese”,
commenta il Direttore del MANN, Paolo Giulierini.

La sezione Campania Romana, curata da Carmela Capaldi (docente di Archeologia classica presso l’Università degli
Studi di Napoli Federico II), è stata allestita tenendo presente fisionomia e storia delle sale che, con le grandi colonne
divisorie, le volte decorate e l’ampiezza degli spazi, rappresentano un’ulteriore fonte di suggestioni per il pubblico: furono
questi spazi, al piano terra dell’allora Real Museo Borbonico, a essere concepiti da Michele Arditi, nei primi decenni del
XIX secolo, come sede prestigiosa del Museo delle Statue. In seguito due artisti, Giuseppe Abbate (1864) e Fausto
Niccolini (1866-1870), furono incaricati di decorare gli ambienti. Si è dovuto attendere il Novecento per una svolta nella
concezione museografica di questa sezione: a partire dagli anni Sessanta, il sistema espositivo concepito da Vittorio
Spinazzola e Amedeo Maiuri è stato oggetto di un ripensamento: è divenuto centrale il tema del “contesto”, ovvero la
provenienza delle opere. Questa linea programmatica è stata adottata per l’allestimento della collezione Farnese nell’ala
orientale e ha motivato la ricollocazione della statua di Ferdinando I di Borbone come “Minerva pacifera” di Antonio
Canova alla sommità dello scalone, al posto del “Gigante di Palazzo” (il busto colossale di Giove Capitolino da Cuma).
Questo è stato forse il gesto di più forte impatto ideologico e visivo nella riorganizzazione degli spazi del piano terra.
La sezione Campania Romana, che si apre ora nell’ala occidentale, prosegue nella ricostruzione del milieu di
rinvenimento dei manufatti. Sono presentati (in molti casi per la prima volta) non solo le sculture marmoree e bronzee,
ma anche i rivestimenti parietali, le epigrafi, gli elementi architettonici e di arredo che decoravano gli edifici pubblici e i
monumenti funerari.

Le statue dei Dioscuri di Baia inaugurano il percorso, introducendo il primo segmento espositivo dedicato all’area flegrea
(Baia, Cuma e Pozzuoli). Si continua, poi, con i reperti dal comparto vesuviano, incontrando prima Pompei con manufatti
provenienti dall’area del Foro triangolare (tempio di Asclepio, Palestra Sannitica e teatro) e del foro civile (tempio di
Apollo, tempio di Venere, Basilica, Macellum, Capitolium e Tempio della Fortuna). Un focus ad hoc è dedicato non
solo all’area del teatro di Ercolano, con la ricostruzione virtuale della celebre Quadriga (non collocabile con certezza,
presumibilmente inserita tra foro e teatro), ma anche all’Augusteum, per il quale si riproduce la ipotetica collocazione
originaria di sculture e affreschi; per la prima volta, infatti, è presentata al pubblico la sequenza completa delle
decorazioni presenti nelle nicchie. Per quanto riguarda l’antica Stabiae, è presente in allestimento la replica dell’Afrodite
Sosandra, messa a confronto con la scultura proveniente da Baia.
Da non perdere, nell’itinerario di visita, le sale dedicare all’anfiteatro e al teatro di Santa Maria Capua Vetere:
l’allestimento segue il principio tematico scelto da Michele Arditi per il cosiddetto Gabinetto delle Veneri, adottando
l’amore come fil rouge delle opere esposte (Afrodite, Adone, Ganimede e altre rappresentazioni delle passioni di Zeus).

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