Nella suggestiva cornice della Chiesa Anglicana di Napoli a Piazzetta S. Pasquale, il “Diez” pare essere presente tra i banchi, seduto in mezzo al pubblico come fratello, padre, figlio, umile Re.
Stefano Valanzuolo ci regala un’emozionante storia personale sulla sua conoscenza del campione dei campioni, Diego Armando Maradona.
Un’appassionata cronaca delle esperienze vissute assieme al numero 10 per antonomasia («…un fazioso romantico, niente di oggettivo» dice Valanzuolo all’inizio dello spettacolo), divisa in sette importanti anni che vanno dal 1984 fino al 1990, lasso temporale ricchissimo di eventi, quando il Calcio Napoli e in generale tutta la città di Napoli hanno volato sulle ali dall’entusiasmo e della gioia più pura.
La voce di Paolo Cresta ci accompagna e ci descrive nel dettaglio le sensazioni provate dai napoletani, mentre la musica dei tre bravissimi musicisti (Enrico Valanzuolo alla tromba, André Ferreira al contrabbasso e Nino Conte alla fisarmonica) rendono perfettamente le atmosfere, tanto che sembra di rivivere quella Storia che i più giovani conoscono solo tramite i ricordi e i racconti di chi l’ha vissuta in prima persona.
Bellissima la metafora con cui ci viene introdotta la tristezza collettiva provata per la perdita di un calciatore (senza ombra di dubbio il più grande di tutti i tempi), descritta come la pioggia che non fa distinzioni ma ti bagna a prescindere dal fatto che tu sia solo o fra migliaia di persone, perché «il dolore, come la pioggia è sempre tutto per te».
Paolo Cresta emoziona il pubblico raccontando di come in quei 7 anni migliaia di piccole storie («con la s minuscola») si fondano con quella del ragazzo che era il Calcio, raccontando che nel gioco del calcio un buon giocatore riesce a dribblare forse due avversari ma che «da tre a salire i raffronti vanno cercati in ambito siderale», mentre nella mente sono chiare le immagini del Diez che sembra quasi ballare durante il riscaldamento più famoso della storia del calcio: quello prima della partita del Napoli contro il Bayern; le note dei musicisti intonano lo storico pezzo di sottofondo e la voce narrante grida nella Chiesa Anglicana “life is life”.
Il testo ricorda anche quanto l’amore che i napoletani gli manifestavano gli impediva di fare le cose più semplici, come andare al mare o a cena fuori. Valanzuolo sfiora quegli attimi con assoluto rispetto per l’uomo che affermava «devo dire di sì a tutti, agli eroi non è dato negarsi».
«Un amore non si racconta mai, esiste» e questo spettacolo di circa un’ora rende omaggio allo scugnizzo che incarna il gioco del calcio, facendo felici gli spettatori sia con i momenti più toccanti che con gli attimi di ilarità come quando Cresta definisce gli avversari «birilli che saltano, sembrano quasi umani» dinanzi alla furia del Pibe.
«Chiudete gli ombrelli che adesso non piove più»: un applauso finale meritatissimo conclude lo spettacolo con i ringraziamenti dei musicisti, dell’autore e del recitante, che hanno saputo dare forma ad un amore collettivo che non smetterà davvero mai di esistere, quello tra Napoli e Diego Armando Maradona.